Due giorni fa ho fatto un sogno molto particolare e ho deciso di usarlo per mostrarvi con un esempio personale cosa vuol dire portare i messaggi del sogno nella vita diurna e trasformarli in atteggiamenti nuovi e azioni concrete.
Perché ho scelto questo sogno?
Per tre sensazioni precise che ho avuto ieri, il giorno dopo averlo fatto.
La prima è che ho sentito il sogno, fatto proprio la notte precedente il mio compleanno, come un regalo simbolico offertomi dal mio sé profondo; la seconda è l’intuizione che mi ha rapidamente attraversato al risveglio di un misterioso collegamento tra il sogno e il lavoro di questo blog; la terza è che ieri mi è venuto spontaneo raccontarlo ad alcune persone, tra cui Matteo Pavesi. Il quale, quando ha saputo il titolo che gli avevo dato, mi ha subito detto sorridendo: scrivi un post!
Ho colto al volo il suo suggerimento e appena ho cominciato a “mettere le mani” sul sogno ho capito che, in effetti, un collegamento c’è…

Ecco il testo del sogno:

Tutte le persone che incontro sono circondate da un alone di parole lievemente luminescenti, che ruotano intorno al loro corpo con traiettorie diverse e s’intersecano formando una rete che li avvolge completamente.
Io le vedo e riesco a leggerle, non so come faccio, ma capisco che la rete di parole luminescenti è una specie di codice che rivela il cuore di ogni persona. Sono affascinata da tutto quello che leggo, ma sono anche un po’ confusa quando mi accorgo che le persone non si rendono conto di essere così trasparenti…

Sento che sto per svegliarmi perché cambio posizione nel letto e immediatamente, nel torpore precedente al risveglio, mi dico:
Aspetta… nei giorni scorsi hai sognato molto ma poi ti sei svegliata troppo in fretta e non sei riuscita a prendere neanche un appunto su tutti quei sogni… stavolta ricordati.
Mi rimetto nella posizione di prima, rientro nel sogno e lo osservo, ma sta già svanendo, e per ricordarmi le emozioni che ho sentito mentre sognavo cerco in fretta un titolo. Mi appaiono queste parole: sono la filologa del cuore.

Mi sveglio e guardo l’orologio. E’ ancora presto per alzarmi, mi rimetto a dormire e ricomincio a sognare.
E’ buio e sono su una pensilina in attesa di un tram, il 21. Accanto a me c’è una giovane mamma con il suo bambino, che non deve avere più di un anno, seduto nel passeggino. Nell’attesa chiacchieriamo, ma io sono molto affascinata dallo sguardo del piccolo, che non sa ancora parlare e che mi osserva intensamente e mi sorride con l’espressione maliziosa di un adulto.
Vedo in lontananza il 21, è un jumbo-tram bianco, ma sembra non arrivare mai. Dopo un po’ volto le spalle ai binari e vado verso un parapetto da dove vedo dall’alto il tram bianco come se fosse sotto di noi, ma è bloccato dal traffico.
Dopo un bel po’ arriva e saliamo. Nel frattempo io e il piccolo abbiamo fatto amicizia giocando. Io e la giovane mamma ci sediamo vicine, lei tiene il suo piccolo in braccio ma il bambino passa continuamente dalle mie alle sue braccia, pieno di allegra vitalità. Mi accorgo che ho molta familiarità con la giovane mamma, come se la conoscessi da tempo.
Quando arriviamo alla nostra fermata, il bambino è in braccio a me. La mamma si alza, prende il passeggino e io un po’ stupita le chiedo: lo fai scendere con me? E lei sorridendo mi risponde: Ma certo! Se lo tieni tu, mi fido come se lo tenessi io…
Mentre scendo attentamente gli scalini del tram, provo molta gratitudine per la giovane mamma e sono felice di stringere tra le braccia quella piccola deliziosa creatura dallo sguardo malizioso…

Ora descriverò gli aspetti più importanti di questo sogno composto di due parti, collegate tra loro dalla richiesta esplicita del mio sé profondo di ricordare.
La sensazione particolare provata nella prima parte, che si collega al titolo sono la filologa del cuore, è un misto di stupore per tutto quello che io leggo e capisco attraverso le parole luminescenti intorno ai corpi delle persone, e di lieve confusione nel rendermi conto che loro non sanno di mostrare il cuore con tanta trasparenza…
E’ una sensazione che conosco e che provo spesso nei primi tempi di un incontro terapeutico, quando vedo e capisco la persona che ho di fronte attraverso le sue parole e i suoi gesti, ma talvolta devo conservare a lungo nel cuore questa conoscenza e tenermela per me, finché la persona che ho di fronte non si rende conto poco a poco dei suoi veri sentimenti.
Il termine filologa viene da un episodio accaduto qualche giorno fa: mia figlia, in procinto di cominciare il liceo linguistico, ha cercato sul dizionario il significato di Filologia, sentendomi nominare questa parola sconosciuta (è la scienza che studia la lingua e la letteratura di un popolo deducendola dai testi scritti). Una definizione molto calzante con l’intento di questo blog di insegnare a chiunque lo desideri un metodo scientifico, cioè verificato con l’esperienza, per tradurre le parole che il suo cuore sognando esprime in modo trasparente, ma di cui non è ancora consapevole da sveglio.
Il significato del sogno, però, si è rivelato solo osservando i personaggi della seconda parte, perché la prima è soltanto… il titolo! E si tratta di un forte messaggio di sostegno da parte del mio sé profondo sul progetto di cui questo blog è la voce, e di un’indicazione precisa sulla parte di me da usare per portarlo avanti.
Il bambino dallo sguardo vivace, ma anche affascinante e malizioso come un adulto, rappresenta la mia curiosità, vivace come quella di un bambino e maliziosa come quella di un adulto, verso il mondo misterioso della notte che circa un anno fa, durante una chiacchierata con Matteo Pavesi, mi ha spinto a immaginare e poi a creare questo blog. E il riferimento all’astrologo non è casuale!
Riconosco intuitivamente, infatti, che il bambino è anche una personificazione archetipica di Mercurio-Ermes, pianeta che ha il suo domicilio nel segno della Vergine, il mio, e che nel mio cielo di nascita si trova proprio nel segno della Vergine. E che io considero il mio nume tutelare da quando, una decina di anni fa, mi ha visitato in un sogno molto importante (Mercurio-Ermes ogni tanto torna a trovarmi, sotto varie vesti oniriche, quando incontro qualcuno che può aiutarmi e illuminarmi in questo percorso…). Un sogno che ho usato, come sto facendo adesso, per raccontare il mio modo di lavorare con i sogni agli aspiranti psicoanalisti della scuola di formazione nella quale insegno.
La giovane mamma, verso la quale io provo tanta familiarità, rappresenta la mia parte mamma (giovane, perché è nata insieme a mia figlia…) che possiede quel particolare sesto senso corporeo che si risveglia in ogni donna che diventa mamma, grazie al quale poco a poco si impara a tradurre i segnali di un neonato per capire al volo le sue esigenze vitali. Un intuito che si sviluppa progressivamente durante la crescita del piccolo, creando un legame di cuore unico tra madre e figlio, che permette a chi sa leggere e capire le parole luminescenti del suo cuore di sentire immediatamente cosa prova un figlio.
Questo particolare intuito comincia a svilupparsi durante l’attesa, soprattutto attraverso un aumento considerevole di sogni vividi, spesso premonitori, che anticipano gli eventi che avverranno poi. Moltissime donne, ad esempio, sognano con impressionante precisione il proprio figlio prima che nasca e sviluppano spontaneamente numerose capacità intuitive che prima non sospettavano neppure di avere.
Nel sogno il riferimento al mio intuito materno è rappresentato dal tram 21. Una linea che passa proprio dietro casa mia, ma che ha cambiato numero qualche anno fa, quando mia figlia stava ancora nel passeggino.
Il messaggio di questo sogno mi è offerto dalla giovane mamma, quando alla mia richiesta dichiara che può lasciarmi tenere tra le braccia il suo bambino anche mentre scendo dal tram (mentre porto i sogni della notte nella vita di tutti i giorni), perché si fida di me come se fossi lei.
E che in questo modo mi suggerisce di affidarmi fiduciosamente, anche per questo progetto sui sogni, all’intuito corporeo che mi ha guidato nella relazione con mia figlia fin da prima che venisse al mondo. E che da parecchi anni adopero anche nel lavoro terapeutico, osservando con molta attenzione i segnali corporei delle persone che ho di fronte, e ascoltando con altrettanta attenzione i miei in loro presenza.
(Questo blog, infatti, contiene anche una sezione Linguaggio del corpo, che aprirò non appena il linguaggio dei sogni sarà diventato un po’ più familiare ai frequentatori di questo spazio virtuale).

La gratitudine nei confronti di questa mia parte, ancora giovane ma sorridente e fiduciosa, e la gioia che provo nel contatto fisico con il bambino che ho in braccio, si è tradotta in una parola: speranza. Speranza che tutto andrà per il meglio e che riuscirò a far crescere questo progetto come ho fatto con mia figlia.
In questo modo il sogno ha anticipato di qualche ora l’augurio che ieri sera ho ricevuto in dono da Matteo Pavesi, che senza sapere ancora niente del sogno, mi ha fatto scegliere una busta, tra le tre che aveva portato per me e le altre due persone che festeggiavano il loro compleanno, e che- provate un po’ a indovinare?- conteneva un biglietto bianco con la parola “speranza” e un suo simbolo, una rondine di carta da ritagliare.
Tanto per ricordarmi ancora una volta il potere della sincronicità…